Basta poco che ce vo’: parola del Favi.

basta_poco_che_ce_voI primi venti invernali soffiano leggeri sull’altopiano di Meleta facendo cadere, sulla strada provinciale che costeggia la dimora del Favi, foglie dai mille colori autunnali.

Venti di una bruttissima atmosfera soffiano invece su gran parte del nostro mondo e le vicende che hanno scosso e continuano a scuotere Parigi negli ultimi giorni non possono non far riflettere sullo stato di salute del nostro pianeta (ps. un pianeta chiamato Terra che è formato da ben sette continenti: Africa, Sudamerica, Nordamerica, Antartide, Asia, Europa e Oceania secondo il modello a sette continenti). Uno stato di salute che per tanti motivi è minato da un nemico chiamato Isis e da altri nemici interni che a Meleta denominiamo Big Bang della società post moderna. Giusto per dare un appellattivo di poche parole.

Parigi è stata colpita nella maniera più infima e miserabile possibile: singoli pazzi hanno fatto una strage di persone in diversi quartieri della città. Tutto è stato rivendicato dall’Isis e cioè dal nemico della nostra era contemporanea.

Fin da quando il Favi era piccolo, in ogni racconto, in ogni fumetto, in ogni film e cartone c’è sempre stato un eroe ed un nemico. Poi, crescendo, il nemico non è stato più Brunga ma è diventato reale e si è chiamato prima Saddam, poi Bin Laden ed adesso Isis (che se fosse nato in Italia sarebbe forse stato l’acronimo di un pachiderma aziendale pubblico tipo l’Inps o l’Inail ma questa è un’altra storia).

Io, come credo gran parte di voi, non ho nemici e vivo bene lo stesso.

Nella terra di Meleta, dopo tanto pensare ai fatti di Parigi, il Favi ha deciso di analizzare a ruota libera, come è nel suo naturale stile, alcuni argomenti che da giorni girano e scalpitano nella sua testa.

Il meccanismo di tutto è con molta probabilità economico. Il mondo si sta generalmente impoverendo economicamente e le economie che sono state più floride negli ultimi trent’anni (Europa e Stati Uniti) hanno oramai da diversi anni problemi di disoccupazione e nuovi strati di povertà nascono tra la popolazione. In questo scenario si interseca l’immigrazione dagli stati del sud del mondo verso l’Europa con migliaia di persone che ogni giorno tentano di raggiungere una nuova terra promessa che possa in qualche modo migliorare le loro condizioni di vita.
E con molto dispiacere si nota in questi anni che l’integrazione che viene spesso sventolata come l’unica via per un nuovo equilibrio sociale purtroppo non si è mai attuata completamente perchè da sempre la diffidenza ha avuto il sopravvento sui sentimenti di vera creazione di una nuova comunità multirazziale.

E’ da qui che prende linfa vitale l’odio che alimenta lo spirito terroristico di queste bestie, perchè i terroristi a giro per l’umanità non possono che essere definiti bestie (con tutto il rispetto per le bestie animali).

Saint Denis, sobborgo a nord di Parigi, è stato ridefinito Parisistan per il gran numero di persone di religione musulmana che lì vivono, studiano, aprono negozi e si impegnano per migliorare le proprie condizioni di vita anche se questa cittadina alle porte della metropoli francese assomiglia sempre più ad una favelas brasiliana che ad una periferia europea di quelle che noi siamo abituati a conoscere. Naturalmente, come in ogni società ed in maniera indipendente dalla religione, frange di persone integraliste vivono e convivono con la maggior parte, sana, della popolazione.

Queste bestie combattono una specie di guerra santa contro l’Occidente ed i suoi valori. I valori appunto.

E qui entriamo noi in scena. Con la nostra società, la nostra cultura, il nostro senso di civiltà.

Di fronte a fatti tragici come quelli successi a Parigi è facile fare considerazioni a nostra volta integraliste e razziste. Ed allo stesso tempo è facile cavalcare gli eventi da un punto di vista politico e di tornaconto personale (penso qui ai nostri uomini e donne di politica che si trovano a fronteggiare un’epoca di grandi cambiamenti senza purtroppo averne piena coscenza).

A volte, dalle finestre di Meleta, osservo quanto di bello la natura ha donato al nostro mondo e mi chiedo se ci meritiamo tutto questo perchè al Favi questa società lobotomizzata sull’apparire, dove la forma vince sulla sostanza, dove l’immagine sbaraglia la concretezza, fa veramente paura.

Non c’è bandiera da sventolare, non c’è pensiero personale da sputare nell’arena dei social network, non c’è voce da alzare.

C’è solamente da mettere in pratica quei valori che i nostri nonni ci hanno insegnato: l’Italia usciva a brandelli dalla seconda guerra mondiale ed una generazione intera ha sudato e faticato per ricostruire un paese. Affrontando i problemi e confrontandosi anche aspramente ma remando tutti dalla stessa parte.
Oggi siamo dalla parte opposta, siamo alla divisione mentale su ogni situazione come se fosse una partita di calcio. Siamo all’eccesso dell’individualismo d’immagine (magari fosse di pensiero) che crea debolezza nella nostra intera società per la continua ricerca di consenso sociale e questo ci rende vulnerabili ed impauriti di fronte ad un manipolo di pazzi che cavalca le nostre insicurezze. In maniera vile e bastarda ma con piena consapevolezza.

Il Favi non si stancherà mai di dire che è necessario tornare ad avere fiducia nel vicino di casa, aiutare chi ha bisogno senza aver paura di essere “inculati” (permettetemi il termine oxfordiano), ospitare senza pregiudizi persone di etnia e religione differente dalla nostra. Ma occorre farlo con il cuore, non solo a parole.

Ognuno di noi, nel suo quotidiano può dare una grande mano alla nostra umanità, in questo tempo così complicato.

Prendiamo esempio dalle persone più anziane, dai loro occhi e dalle loro storie. E’ il momento di agire, di spengere pc e smartphone e di essere meno social e più sociali. Per davvero.

Basta poco, che ce vo’.

E nella terra di Meleta la serata si fece più tiepida e ricca di speranza.