Meleta city of angels e Fatboy Slim già sapeva.

Corre veloce la notte maremmana in quel di Meleta, il Favi fatica a prendere sonno ed inizia a scaldare i motori in attesa della fine della quarantena, cinquantena o sessantena che dir si voglia.

E così, mentre il calice abbonda di un buon bianco maremmano firmato dall’Azienda Agricola Sassotondo di Sorano e denominato TufoBianco (bianco profumato ideale per queste giornate semi-estive e sapientemente elaborato con un mix di trebbiano, sauvignon e greco), il Favi si interroga sulle dinamiche sociali post pandemia.

Ad un certo punto un flash (bella zio): un gran pezzo di Fatboy Slim che riassume buona parte di quello che lo scrivente immagina di trovarsi di fronte ogni qualvolta esce di casa.

Ogni qualvolta si dirige a lavoro.

Ogni qualvolta si reca in luoghi di divertimento.

Ogni qualvolta incontra persone e parla con loro.

Ogni qualvolta si permette di sognare un’elevazione/evoluzione dello spirito umano.

E stasera il Favi non scrive più, c’ha già pensato il buon Fatboy Slim.

City of Meleta, city of angels.

Grazie a chi è memoria ed a chi avrà memoria. Meleta Street of dreams.

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Sapore di sale, sapore di te.

Sapore di primavera nella terra di Meleta che si adagia nella soffice notte primaverile di Maremma.

Il Favi non prende sonno anche perché ieri notte ha avuto a che fare con Quentin, un Tarantino che ha fatto compagnia alla notte insonne dello scrivente con il meraviglioso The Hateful Eight.

E così, mentre la notte suggerisce un calice di rosso firmato I Lecci di Scansano (discreto Morellino di Scansano annata 2018), Il Favi desidera esprimere un pensiero semplice ma allo stesso tempo ricco di pensieri da irradiare.

Che possa far pensare e riflettere in questo periodo di emergenza pandemica.

E allora GRAZIE alla Cina che ci invia aiuti materiali e medici ma che glorifica solo oggi il primo cittadino che ha denunciato l’inizio della pandemia.

GRAZIE alla maggioranza della popolazione italiana che con grande dedizione e rispetto del prossimo limita al minimo le uscite outdoor e non si erge a giustiziare delle notte.

GRAZIE agli Stati Uniti d’America ed al suo squilibrato Presidente che lascia i senza tetto di Las Vegas in quarantena in un parcheggio mentre i luccicanti hotel ad otto stelle rimangono vuoti in attesa dei futuri sani clienti.

Per la UK non mi esprimo perché io di Jhonson conosco solo Brian.

GRAZIE a Gigi che mi fa ricordare Stay di Jackson Browne.

GRAZIE a tutte le persone che si fanno sentire con un messaggio, una videochiamata, una canzone postata su facebook in una sfida (anzi, super classifica show) tra amici che dura oramai da tre settimane.

GRAZIE a chi mi ha detto ti voglio bene in maniera superficiale ed in questi momenti capisci che è meglio che siano spariti dalla tua vita.

GRAZIE alla piccola Olanda che nonostante abbia uno sputo di abitanti rompe le palle ai finanziamenti europei in favore del nostro Bel Paese: finanziamenti che ci spettano a causa di questa pandemia.

E GRAZIE anche ai Francesi ed ai Tedeschi che prima hanno pensato a loro ed adesso si dimostrano solidali con l’Italia. D’altronde mangiate abbastanza di merda e questo è uno dei risultati.

GRAZIE GRAZIE GRAZIE alla piccola ma orgogliosa Albania che si è dimostrata lo Stato più grande di questa Europa. Un’Europa che ci piace, quella dimostrata dalla piccola ed economicamente povera Albania. Povera economicamente ma ricca di valori europei e di solidarietà.

GRAZIE agli imprenditori illuminati che hanno capito che è meglio stare serrati una mesata o due invece di far lavorare senza protezioni i propri dipendenti per poi creare danni ancora più a lungo raggio.

GRAZIE a quei politici che continuano ad urlare e sciacallare sull’epidemia: non c’avete capito nulla ed a breve raccoglierete la merda che state seminando.

GRAZIE al nostro Presidente della Repubblica che fa da equilibrio ad un Paese politicamente penoso e che pensa più alle persone che alle istituzioni. E GRAZIE anche al Presidente del Consiglio Conte che è un brav’uomo, una bella persona che avrà anche sbagliato all’inizio di questa situazione ma meno male che c’è e che ci mette la faccia nel bene e nel male. Poi ora vengono al pettine tutte le magagne del magna magna italiano ma come sempre nessuno se ne prende le responsabilità. La sanità italiana in Calabria ne è l’esempio più lampante.

GRAZIE a tutti i giornalisti che nel caos di informazioni quotidiane mantengono la loro eticità di dare priorità alle informazioni e non ai relativi commenti.

GRAZIE a Franco. Punto.

GRAZIE al Boccheggiano Calcio Amatori Uisp GR. Punto.

E GRAZIE, soprattutto GRAZIE a tutto il personale medico italiano che si sta dimostrando, come sempre, una delle migliori eccellenze e risorse del nostro Paese. Voi siete il nostro orgoglio: dai medici di base ai professoroni illuminati, agli infermieri, a chi opera nelle residenze per anziani, ai soccorritori del 118 e volontari di ogni tipo.

E GRAZIE infine a tutti quelli che avranno memoria di questo periodo e dei suoi attori, alcuni protagonisti, alcuni antagonisti, alcuni ispiratori di terrore e molti atri pompieri di speranza.

Su Meleta cala la notte ma il domani, già si vede, è ricco di sole.

Meleta streets of dream.

 

Il buongiorno si vede da Meleta. Ed è splendente.

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Corre la notte nella contea di Meleta, una notte che sembra ogni giorno più lunga e non lascia dormire ma permette di riposare la mente.
La Coop mette in vendita promozionale prima la birra Heineken e poi l’italiana Peroni, il Favi fa incetta di scorte ma tuttavia il suo pensiero non si ferma neanche di fronte a cotanto benessere luppolico.

Sono giornate intense, dense di preoccupazioni, c’è la nostra amata patria messa in ginocchio da una pandemia che ha scelto di colpire duramente l’Italia e tutti noi siamo chiamati a vivere e pensare in funzione del bene comune, del nostro vicino di casa, del prossimo.

Come sempre dovrebbe essere.

Ho letto, visto e sentito di tutto e di più riguardo a questa situazione: sia da parte delle istituzioni preposte al nostro benessere fino ad arrivare all’ultima ruota del carro che sprigiona sentenze on line nascondendosi dietro la tastiera di un computer.

Ma non è questa la sede per approfondire questi dibattiti e nemmeno per descrivere quello che sta succedendo adesso.

Questo vuole solo essere un messaggio di speranza e di fiducia.

Nel genere umano. Perché a Meleta ci crediamo veramente.

Ed allora quando tutto questo bailame sarà finito ricordiamoci di questi momenti di paura, solitudine, di isolamento forzato per tirare fuori il meglio della nostra umanità.

*** *** ***

Meleta, maggio 2020.

“Oggi a Meleta è arrivata una famiglia siriana. Sono scappati dalla guerra per cercare di regalare ai propri figli quella serenità che in patria non hanno da decenni. Tutta la nostra comunità si è mobilitata per farli sentire come a casa loro”.
Siamo solidali e rispettosi delle differenze di lingua, cultura e religione accogliendo a braccia aperte chi sogna una vita migliore e si adopera per conquistarla.

“Oggi alla Conad di Meleta una signora anziana era dietro di me alla cassa ed aveva acquistato un mucchio di prodotti. Io venivo da otto ore di lavoro ed ero stanco. Ho aspettato che la cassiera gli facesse il conto e poi le ho chiesto se aveva bisogno di una mano per portare la spesa a casa”.
Facciamo piccoli gesti, tutti i giorni, per aiutare il prossimo.

“Oggi a lavoro eravamo tutti in tensione per alcune scadenze che pressavano forte il nostro modus operandi. Sono volati dei vaffanculo, la tensione si tagliava a fette ma alla fine siamo riusciti a collaborare al meglio e tutto si è risolto. Nessuno è stato il salvatore della patria, tutti siamo stati fondamentali”.
Qualsiasi lavoro tu faccia, sii orgoglioso e corretto.

*** *** ***

Potrei andare avanti ad oltranza ma credo che il messaggio sia abbastanza chiaro.

E’ notte.

Il cane Franco se la dorme beato e fondamentalmente lo invidio nella sua tranquillità che gli permette un sonno profondo.

Devo imparare tanto da lui, lui che quando torno a casa dopo una giornata di lavoro mi salta addosso come se non mi vedesse da un anno. Lui che scodinzola facendo vento con la coda e che con i suoi occhioni mi dice: “giochiamo?” e subito dopo “ti voglio bene”.

Lui mi insegna.

Mi insegna quello che è l’amore puro ed il bellissimo sentimento del voler bene. Da qui dobbiamo ripartire, anzi, da qui dobbiamo imparare a volare, dai rapporti interpersonali che vanno curati giorno dopo giorno con la medicina della correttezza, della spontaneità, della bellezza d’animo. A qualunque costo.

Questo periodo ci insegnerà tanto, sono sicuro.

Meleta, dove tutto è possibile.

 

Quella volta che il mondo girò troppo velocemente le curve di Meleta (liberamente ’84).

controcorrente

Agosto, anno domini 2019: il Favi riemerge come la Fenice dallo splendido ed isolato isolamento delle Terre di Meleta doc e, con fare sonnolento ma deciso, si affaccia sulla terrazza che apre sulla landa sconfinata di Maremma.

Sono già le ore 27.30 di questo finevredì e tra poco inizierà il secondo weekend del mese di agosto. E’ vero, non è semplice cambiare le abitudini delle 24 ore al giorno e dei sette giorni della settimana, però anche Meleta si sta piano piano adattando.

Sì perchè oramai da un paio di mesi è entrata in vigore la nuova direttiva del Governatore del Tempo Mondiale, lo scozzese Murray Flik Flak, che ha suddiviso esteso la giornata in 32 ore ed ha aumentato i giorni della settimana (che adesso si chiama naturalmente ottomana) da sette a otto istituendo appunto il finevredì che sta tra il venerdì ed il sabato.

Questo cambiamento si è reso necessario, secondo il Governatore, per seguire le dinamiche sociali ed economiche mondiali che viaggiano troppo velocemente: è come se con questo giorno in più e con le ore al giorno aumentate si sia deciso di cercare di rallentare lo sviluppo del nostro mondo conosciuto. O per lo meno di spalmarlo.

I primi tempi, qui a Meleta, non sono stati semplici ed infatti capitava spesso di non essere d’accordo sull’ora e talvolta anche sul giorno e da qui nascevano infinite discussioni tra chi era favorevole alla riforma e chi avrebbe invece fortemente voluto un ritorno al vecchio tempo.

Persino nei media generalisti ci sono ancora centinaia di salotti nei quali si discute del cambio del tempo ed addirittura c’è chi non ha ancora acquistato il nuovo Macrophone Iebell’ dell’azienda lussemburghese Bauerenhaff che ha acquisito la licenza monopolistica globale per realizzare il primo cellulare con il nuovo tempo.

Vabbè, ognuno fa e pensa come vuole. Quello per ora si può sempre fare.

E’ indubbiamente vero, viviamo in un mondo ed in un momento storico molto delicato per tante, troppe situazioni che chiamano ognuno di noi ad una vera e propria presa di coscienza che avremmo dovuto già fare ieri ma che possiamo anche fare ora, adesso, stasera (anche se sono già le 27.45). Insomma, meglio oggi che domani.

La direttiva del Governatore del Tempo non sarà però poi tanto efficace se i nostri top player non si danno una svegliata.

Ed è per questo che The Meletian (mensile culturale in lingua inglese a cura di FaviFranco Editore), lo scorso mese ha messo in allarme i suoi lettori.

Nello specifico The Meletian recitava così (un estratto):
“E’ maturo il momento per riprendere in mano il nostro futuro, la nostra Terra e soprattutto la nostra mente.
Il paradosso del virtuale dove tutto è a portata di mano ma niente ci appartiene sta piano piano, giorno dopo giorno, usurando le nostre menti.
Perchè si parte proprio da qui: la nostra mente, il nostro cervello è talmente bombardato di informazioni che è sempre più difficile approfondire argomenti, approfondire conoscenze, approfondire le persone.
Rapporti veloci, considerazioni accelerate, rapidi cambi e vorticose discese e salite.
E’ vero che mancano dei modelli positivi ai quali poterci in qualche modo ispirare: purtroppo la corsa all’oro digitale (apparizione e consensi, bellezza e consensi, slogan e consensi) sta impoverendo le nostre risorse critiche, le nostre risorse di conoscenza”.

Il discorso sarebbe lungo, lunghissimo, ma questa sera sulla terrazza di Meleta tira una piacevole brezza estiva che lascia comunque ben sperare per questo finevredì.

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. (Mahatma Gandhi)

Vita semplice, pensiero elevato.


 

 

Vegan Meleta: dalla Russia a Siena con la promessa più bella che stoppa (finalmente) Baby K.

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Scorre l’estate 2018 nella terra di Meleta, la notte di luna piena è piacevole ma l’accordatore della chitarra faviana s’è impallato e quindi, nonostante le note nelle corde corrano veloci, questa sera la mano del Favi viaggia in modalità vegan 2.0.

E così, nonostante l’Italia calcistica sia fuori dal Mondiale di Russia 2018 e la Svezia vinca il proprio raggruppamento eliminatorio, il Favi si consola con le uniche certezze ancora in auge come la Birra Moretti da 66cl, Lo Squalo2 ed il Busty Giusty che muove i suoi tentacoli verso la turca Istanbul (città meravigliosa e ricca di veramente di tutto quello che può allietare lo spirito umano) nonostante sia nativo di Ankara.

Vigila la luna nella fertile Meleta, il Franco abbia con moderazione ed intuito ed il Favi si gongola nella dolce Maremma insieme al canto delle cicale brindando al Nuovo Mondo.

Un Nuovo Mondo che ha fatto sì che la natìa terra di Siena abbia spodestato la vecchia e desueta nomenclatura politica per andare incontro a nuovi anni di, auspicato, cambiamento.

Ma questo non basta, ci sono ancora troppe cose che agitano i pensieri del Favi.

Nel Nuovo Mondo del Favi la classe dirigente dovrebbe far sì che Baby K smettesse di cantare ed incidere dischi; che Neymar venisse definitivamente etichettato come giocatore privo di spirito di squadra ed invitato solo a partecipare a torneini paulisti di beach soccer; infine, che venisse riesumato il genio dei Beatles e proclamato lo stato indipendente di Meleta.

Ma ancora non è tempo della definitiva illuminazione.

Ed allora lo stato attuale delle cose vede un politico rampante come Salvini fomentare le folle e ricevere consensi più o meno giustificati ed il nostro Bel Paese traghettato da nuove figure verso politiche più coraggiose che speriamo portino l’Italia all’attracco in porti quantomeno tranquilli, non certo sicuri.

Il Favi si sveglia di soprassalto nella notte, non comprende ancora a pieno la portata di tutti questi cambiamenti, ma spera con tutto il cuore che Baby K smetta di cantare. Davanti ad un qualsiasi pubblico dico, a casa sotto la doccia può continuare.

Perchè chi cavalca le mode ed il business del momento talvolta non crea cultura e vorrei proprio che i figli di Meleta un giorno mi parlassero di Ticket To Ride o di People Are Strange.

Fermo restando Buffalo soldier.

Ma questa notte è diversa dalle altre e la contea di Meleta è in fermento perchè domani, anzi, oggi, anzi, tra poche ore, un amico di Meleta diventerà sposo e, nonostante per i Meletiani il matrimonio religioso non sia del tutto comprensibile, la contea ti fa e vi fa un grande in bocca al lupo.

Perchè promettere amore, rispetto e fedeltà non è cosa da tutti i giorni in questo nostro pazzo e veloce tempo.
Perchè questa promessa è quanto di più meraviglioso ci possa essere al mondo.

Meleta during the night, Favi stranger in the night.

Incredibile a Meleta: tutte le forza politiche sono d’accordo, il Favi e la Dea annunciano il loro matrimonio (civile, sia chiaro).

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Oggi 23 febbraio seduto in quel caffè io non pensavo a te.

Mattina fresca in quel di Meleta, la neve ha imbiancato tutta la zona di competenza del Favi anche se la dolce collina che dirada verso la Maremma fa presagire ad una splendida e spensierata primavera.

E’ un periodo di riflessioni sociali, politiche e culturali per il Favi che guarda con sospetto alle elezioni politiche del 4 marzo.

E visto che anche “Baggio non gioca più” come dice anche il buon Cesare nella sua Marmellata#25, Meleta si trova un po’ spiazzata visto che ieri sera, in uno storico giovedì di Europa League, la Dea ha dovuto abbandonare la vecchia Coppa Uefa per mano dell’esperta formazione tedesca del Borussia Dortmund.

La Dea, l’Atalanta per tradurre dal magico alla classifica del televideo, è la squadra, l’anima della città di Bergamo. Una città bellissima, gente tagliata grossa, gente di cuore e di sudore.

La favola europea della Dea inizia durante questa fine estate, un po’ come il solstizio, dopo che la squadra di Mister Gasperini aveva conquistato la partecipazione a questa coppa con un brillante campionato 2016/2017.

I giocatori neroazzurri hanno schiantato squadre più o meno blasonate nella fase a gironi per poi scontrarsi andata e ritorno contro il Borussia Dortmund, gloriosa squadra tedesca che porta con sé successi nazionali, internazionali e mondiali.

Il Favi è da sempre simpatizzante della Dea, vuoi perché è sempre stata una squadra ricca di giocatori estrosi e di classe passando da Strömberg a Doni fino all’attuale stella argentina Papu Gomez.

Perché l’Atalanta è una bella società, fiore all’occhiello del calcio italiano: ha un ottimo settore giovanile, è una società economicamente e finanziariamente sana, un’azienda virtuosa e sa cosa significa essere espressione di una comunità, di una città.

Probabilmente l’ho amata da sempre e sicuramente da quando il Presidente Percassi si inventò quell’idea di portare ad ogni nato negli ospedali di Bergamo e provincia la maglia dell’Atalanta.

Una squadra, una società, una comunità ed una città che vivono di calcio. Di quello vero, dove anche gli ultras sono veramente un valore aggiunto. Magari si menano e cercano gli scontri come da loro mentalità ma sono portatori di valori veri, sinceri ed autentici, in primis l’appartenenza.

Insomma, merce rara.

La Dea è uscita dalla Coppa Uefa, la favola si è conclusa ma suo il ricordo strappa un sorriso e tante emozioni alla gente di Meleta. Grazie Gasp, grazie Atalanta.

E non finisce qui perché il volo pindarico del Favi collega in maniera stretta la favola della Dea alle prossime e fortunatamente adesso vicine elezioni politiche 2018.

Non scriverò qui nessun commento di destra, di sinistra, di centro o di nord, sud, ovest ed est.

Perché tutto quello che scorre sui giornali, nelle radio, in tv e nei famigerati social non rappresenta quello che è la valenza della parola politica.

Politica è pensare al bene del prossimo, politica è organizzare lo stato al meglio per il bene delle persone più in difficoltà, politica è godere del bene del prossimo.

Roba che probabilmente io non ho manco mai né visto né assaporato.

Sento parlare di neofascismo, di comunismo, di antagonisti, di razzismo, di immigrazione e di tanti altri temi che giorno dopo giorno vengono puntualmente portati all’esasperazione per accaparrarsi un voto in più e per non far pensare a come veramente governare in maniera illuminata la nostra meravigliosa e stanca Italia.

Tambureggianti slogan, massacranti e continui video, maree di promesse che mirano solamente a creare una grandissima confusione in un paese nel quale i nostri futuri governanti pensano tanto alla forma e molto poco, troppo poco alla sostanza.

Spesso irradio a manetta i video di Cetto La Qualunque e mi impressiona quanto siano stupefacenti ed al tempo stesso profetici.

Ho bisogno di prendere una boccata d’aria.

Mi dirigo verso la veranda della meletiana dimora, respiro a pieni polmoni sorseggiando un giovane Montecucco 2016 dell’azienda Le Querciolaie di Montenero d’Orcia che si merita un bel sei e mezzo per la piacevolezza del residuo papillo-gustativo.

Ed è qui che magicamente si incontrano la Dea ed il nostro Bel Paese.

La Dea è una sintesi dei veri valori che uno sport malato come il calcio riesce ancora a trasmettere.

Il nostro Bel Paese si trova davanti ad un nuovo (ma vecchio nella sostanza) bivio di organizzazione e gestione politica.

Si scontrano quindi il bene ed il male, il bene silenzioso che lavora, suda e si impegna tutti i giorni ed il male che vive di slogan, di fango da sparare, di mediocrità a basso costo.

Sinceramente non ho idea di come andranno le elezioni e la cosa che mi dispiace maggiormente è che nel mio profondo ho la piena consapevolezza che non me ne frega proprio nulla.

Andrò a votare, quello sì perché anche il Favi ha diritto a dire la sua in questa pochezza culturale.

Non faccio propaganda, non sono migliore di nessuno ma una cosa è certa: il Favi sposerà la Dea.

Say Favi, Stay Meleta: Dea dreamin’ every day & every night.

Le Colonne d’Ercole, gli aperitivi al Var e la metafisica sociale: dribbling secco de Il Favi tra le colline di Meleta.

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Probabilmente non troppe persone sono a conoscenza che nella notte tra il 17 ed il 18 gennaio scorso si è manifestato un grandissimo e spettacolare show lunare: il novilunio.
Il novilunio (o Luna nuova) è la fase della Luna in cui il suo emisfero visibile risulta completamente in ombra e regala un cielo talmente stellato da togliere il fiato (fonte: WikiFavi).

Il Favi, proprio in quella nottata, era sceso dalle colline di Meleta in direzione del mare e con fantasiosa e delicata compagnia si era gustato questa nottata ricca di stelle e sogni.

Inebriato dal sapore di una sempre ottima Falanghina del Sannio della cantina Feudi di San Giorgio (vino ottimo nel rapporto qualità/prezzo e facilmente reperibile in tantissimi supermarket), il Favi si ritrova così catapultato lontano dai luoghi della familiare Meleta e con il bagnoasciuga a meno di un metro inizia a volteggiare guardando le fasi del novilunio.

Sì perchè proprio in una di quelle stelle si è adagiato un amico di quelli veri, quelli che magari non parlano tanto ma che sono sempre, e dico sempre, al tuo fianco.
L’emozione spezza la voce ed anche le dita scrivono tentennando ma oggi era proprio il momento di cantarti un ode, scriverti in maniera schietta e diretta quanto sei stato prezioso per me, per tutta la contea di Meleta che ti ricorda sorridendo e che non ti scorderà mai.
Così, una volta arrivato al mare e superate le Colonne d’Ercole, il Favi si dirige verso lo sconosciuto.

Improvvisamente un fascio di luce calamita la mia attenzione ed il mio sguardo sterza non verso quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno ma verso un antico borgo che sinceramente non avevo mai notato: era il primo nucleo abitativo del mondo sconosciuto.

Tentenno un pò e poi con passo deciso mi incammino verso le prime case del borgo.

L’atmosfera è serena e si respira bene nonostante la salita che porta in paese sia tutt’altro che adatta allo scarso allenamento messo in campo dal Favi.

Credo che saranno state più o meno le ore 19 quando incontro le prime persone che amabilmente mi salutano e mi chiedono da dove vengo.

E così inizio il mio racconto.

“Mi chiamo Favi e vengo dalla contea di Meleta, una contea che sta a mezz’aria tra il cielo ed il mare”.

Rimangono a bocca aperta.

“Se volete vi faccio vedere una foto di Meleta” – continua il Favi e mostra al pubblico presente il suo smartphone.

D’improvviso una folla di gente mi si avvicina chiedendomi cosa sia quell’aggeggio (tra l’altro tutto sbezzicato in seguito ad una rovinosa caduta avvenuta in quel di Sassofortino) ed io gli spiego che serve per chattare, uozzappare, fotografare, immortalare, cazzeggiare, bifolcare, spiare, gestire, dire, fare, baciare, lettera, testamento ed infine telefonare.

Oh.

“Mai vista una cosa del genere!”, risponde qualcuno; “boia, bello” dice qualcun’altro; “ma ce l’hai solo te nel mondo conosciuto?” chiede un altro.
“No, ce l’abbiamo tutti e ci sono anche persone che ne possiedono più di uno”, risponde solerte il Favi.
A questo punto non so se continuare il racconto visto che che potrebbe essere di difficile comprensione per il lettore. Ma come cantavano i CSI “M’importa ‘na sega” e quindi lo farò.

Dopo aver ammaliato i miei primi amici del mondo sconosciuto ci sediamo tutti insieme in una taverna e sono tante le domande che mi vengono rivolte: la cosa sbalorditiva è che anche qui conoscono il calcio e la politica.

Allora spiego loro il VAR, li informo sulle prossime elezioni politiche che si terranno in Italia il prossimo 4 marzo e racconto il nauseante confronto che c’è tutti i giorni da noi su questi argomenti.

Improvvisamente si incazzano di brutto.

In un secondo capisco come mai.

Ho pronunciato in rapida sequenza le parole Clemente Mastella, Pier Ferdinando Casini e Mario Borghezio. Inoltre gli ho detto che Totti ha smesso di giocare a calcio.

Il mondo sconosciuto non era al corrente di queste cose qua e quindi lo scompenso passionale è stato forte.

Loro sono sociali veramente, fisicamente e quindi la reazione è più che logica.
Loro riescono a mantenere qualsiasi tipo di rapporto basandolo sulla fiducia e la pazienza.
Loro sono più lenti di noi.
Loro non hanno lo smartphone ed il Var, ma vivono al di là delle colonne d’Ercole.
Loro sono di una semplicità disarmante.
Loro vengono con me a Meleta.

Favi d’Ercole, una NeverEnding Story che va oltre quello che siamo abituati a definire “conosciuto”.

Ciao bestiaccia.

 

 

 

Il risveglio del Favi e la stella di Al-Owairan.

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Arriva la primavera nelle terre del Favi….mmm, no.
Sboccia la primavera nel countryside di Meleta….mmm, no.

Il Favi si risveglia (ora sì) dal torpore invernale, stappa un Albola datato 2013 (uno dei migliori Chianti Classici per reperibilità, prezzo e piacevolezza del palato) e mentre ascolta Magpies on fire dei Red Hot (Chili Peppers) sente che è arrivato il momento di andare a letto.

Ma non stanotte. Di un blu primaverile si tinge la terra di Meleta: il primo fresco dell’anno arriva fino alla sera e le notti si fanno più miti e ricche di passeggiate notturne.
Il fido Ercole passeggia a qualche metro da me e tutto sembra scorrere tranquillamente all’interno della zona vecchia (ztl) del borgo antico.

Quand’ecco che ad un tratto il Favi volge lo sguardo a nord ed una stella si illumina.

Un bagliore mi acceca e dopo qualche secondo svanisce nella notte.

Dè, una bella botta direbbe il fido amico che apre tutte le vocali a manetta mentre sorseggia un drink in un locale del quartiere Venezia a Livorno, ma non in questo caso.

Il Favi e tutta Meleta vengono irradiati dalla stella di Al-Owairan.

E voi, cari lettori, direte: “Ma che diavolo è sto’ Owairan???”

“Ci sono anche giocatori che oltre ad essere poco conosciuti, trovano il loro momento storico andando a segnare un gol particolare o molto importante per la propria nazione.

Tutto ciò accadde all’Arabia Saudita durante il mondiale americano del 1994 e più precisamente a quello che è definito, ad oggi, il miglior attaccante dei Figli del Deserto. Stiamo parlando di Saeed Al-Owairan, attaccante classe 1967 autentica bandiera dell’Al Shabab Riyadh con cui ha giocato dal 1988 al 2001.
Al-Owairan diventa famoso per un gol assolutamente incredibile segnato al Belgio al 5° minuto dell’ultima partita del girone. Gol che è valso, alla nazionale saudita, il secondo posto nel girone e la storica qualificazione agli ottavi di finale.

A molti potrebbe ricordare il gol di George Weah al Verona, segnato però 2 anni più tardi. Una clamorosa sgroppata che termina con un potente tiro che si insacca alle spalle di Preud’homme” (non uno a caso aggiungo io).
fonte: (http://allafacciadelcalcio.blogspot.it)

E così il Maradona del Golfo (quello Persico, tanto per capirsi e tanto interessante per le nazioni del cosiddetto Primo Mondo) suscita talmente tanta ammirazione e la simpatia che scaturisce dal Davide contro Golia da far sembrare il mondo del calcio un possibile, vero strumento di universalità.

Un mondo che invece oggi, a distanza di ventitré anni dal goal di Al-Owairan al Belgio, si ritrova destabilizzato da una feroce crisi morale che poi sfocia in tante altre tipologie di crisi e crisette.

E’ questa la stagione dello scatenato e scriteriato Donald Trump che tra bene e picchi di male fa traballare lo stanco equilibrio mondiale; della resa del primo ministro italiano Renzi che ha lasciato l’Italia praticamente senza quel poco di guida che gli rimaneva; dell’indecente non gestione e non interesse da parte dell’Europa delle migliaia di disperati che arrivano ogni giorno nelle coste del sud Italia; del nuovo stadio della Roma che riempie le agende delle priorità italiane e dei vili attacchi di bestie automunite.

E nella terra di Meleta, oltre che nella testa del Favi, le digressioni sul mondo si rincorrono tipo guardie e ladri.

Così, mentre la puntina del giradischi fa le bizze e la notte meletiana rassicura ancora un po’ di più, il Favi non prende sonno all’idea di un popolo sempre più digitale, sempre più partecipe e condiviso che però non si incazza mai.

O per lo meno troppo poco.

Giri per strada, ti fermi a guardare chi ti passa accanto e noti sempre quello strumento (denominato in antichità cellulare ed evolutosi in smartphone) in bella evidenza ma soprattutto in continuo utilizzo.

Perché c’è da pensare ai like di facebook o ai continui rumori di whattsup mentre magari fotografo una piazza o una pizza, un cane o un gatto, un bianco o un nero tanto oramai niente differisce da niente.

Neppure un colore.

E se non guardiamo alle sfumature, alla ricchezza che crea la differenza, alla passione che deve guidare il nostro essere ed aiutare la ragione, ci ritroveremo ben presto ad essere sempre più connessi al mondo ma allo stesso tempo sempre più isolati dal mondo.

Ed allora ben venga la Repubblica di Tonni ma il nostro vicino di casa sarà straniero, il nostro quartiere sarà un bel po’ straniero, la nostra città sarà straniera tantissimo.

Straniero, cioè a noi sconosciuto.

Perché magari stiamo con la testa bassa perché sta cazzo di tastiera è troppo piccola ed al tempo stesso ci perdiamo le sfumature del mondo.

Quelle che sono per strada, quelle che ci fanno amare, quelle che ci aiutano ad essere migliori.

Meleta on the streets, where the streets have no name.

 

I funghi, I cardi e la sottile linea rossa tra informazione e stragossip

Arriva l’autunno estivo nella contea di Meleta ed il Favi si divide tra la pulizia dei funghi (pupole, cucchi e Re porcino), faccende di casa e tortuose vicende di lavoro.

Dalla veranda della sua abitazione, assaporando un piacevole pinot nero della terra di Sicilia dell’azienda Cusumano (ottimo per accompagnare carni giovani con le sue intense note fruttate), il buon Favi si è regalato domenica scorsa una mattinata e tarda mattinata di relax ed alle ore 15, puntuale come un abbaio del cane Ercole quando passa l’ape del giardiniere Carlo sotto l’abitazione, la radio nazionale 102.5 ha iniziato a fare collegamenti con gli stadi di tutta Italia per seguire l’ottava giornata del campionato di Serie A.

Inviato dal Meazza di Milano, il giornalista Paolo Pacchioni, voce sportiva di RTL e professionista di indubbie qualità.  La partita in questione è il match tra l’Inter di Frank De Boer ed il Cagliari guidato da Massimo Rastelli. Fischio di inizio e si parte.

Ma non si parla della gara.

Il giornalista della radio nazionale (con oltre sei milioni e mezzo di ascoltatori giornalieri, così recita più o meno il loro slogan) non segue le vicende del campo a parte schieramenti tattici e formazione, bensì rivolge l’attenzione praticamente per tutto l’arco del collegamento alla lite tra la curva dell’Inter ed il capitano della Beneamata, l’argentino ventitreenne (particolare di grande importanza in questo racconto surrealistico) Mauro Icardi.

Occorre quindi fare un passo indietro sennò non ci si capisce nulla.

Nei giorni scorsi il giocatore dell’Inter ha presentato la sua autobiografia ed ha anche parlato di un episodio che lo vide, al termine della gara Sassuolo vs Inter dello scorso anno, togliersi la maglia e gettarla ai tifosi in malo modo. Cosa che i tifosi dell’Inter non gradirono mica tanto, soprattutto la frangia più calda del tifo neroazzurro.

Interessante che un ventitreenne pubblichi un’autobiografia nel senso che una persona a quell’età dovrebbe viverla la vita e non raccontarla visto che di strada ce n’è ancora tanta da fare ed altrettanto interessante che un bravo giornalista come Pacchioni parli con grande enfasi di tutta questa piccola ed a mio modo di vedere, insignificante situazione che sportiva non è ma rende solo onore al gossip alimentando un’informazione di bassa lega.

Questo porta il Favi ad una doppia considerazione: troppo calcio fa male e siccome di calcio vero ce n’è sempre meno nel nostro Belpaese, allora benzina sul fuoco a tutte quelle caratteristiche accessorie che sono tanto futili ma che tanto interessano la nostra popolazione.

Seguo praticamente da quando sono nato il calcio italiano ed ho avuto la fortuna di vedere all’opera giocatori del calibro di Van Basten, Ronaldo e Baggio tanto per citarne alcuni.

E scusate se è poco.

Ed oggi mi trovo a leggere sui giornali di carta e su quelli on line della lite tra Icardi ed i tifosi dell’Inter, delle diatribe tra Totti e la sua collocazione spazio/temporale nella Roma, di una Nazionale italiana che, del tutto rinnovata, se perde e gioca bene viene criticata e se vince e gioca male va criticata lo stesso.

Ma che gioco è diventato il calcio???
Ma che business è diventato il calcio???
Perché c’è sempre la tendenza ad alimentare il gossip sportivo invece delle prodezze che vengono create nel rettangolo di gioco???

Non ho risposta a tutti questi interrogativi ma dalla rocca di Meleta il Favi non si scompone ed accende il videoregistratore: questa sera va in onda la videocassetta del campionato di Serie A stagione 94/95 con tanto di Pippero a cura della Gialappa’s Band.

Non chiamatelo amarcord ma, utilizzando un hashtag di grande moda, #solocosebelle.

Buon campionato a tutti dal prode Favi.

 

Socialità estrema e mai doma: webEbeti e TheMenti 2.0 toccando Meleta, Rimini e la Campania.

L’estate sta finendo e un anno se ne va cantavano i Righeira nel 1985 ed è proprio questa l’atmosfera che in questi giorni si vive non tanto da un punto di vista climatico (perchè è sempre un caldo che si bolle) ma sicuramente da un punto di vista di cultura e sensibilità sociale.

E così il Favi, dalla sempre verde terra di Meleta, gestisce con un pò di apprensione le sue ultime giornate di questa seconda decade di settembre, vuoi per il pre-rintontimento autunnale, vuoi per alcune delle ultime agghiaccianti notizie che provengono dalla nostra penisola.

Guardando dalla finestra del mio soggiorno verso lo spigoloso lembo di terra su cui è arroccato il paese di Roccatederighi (scusate il roccioso gioco di parole) e sorseggiando un vino prodotto nella zona che risponde al nome di Alicante (della casa vinicola Ampeleia: un vino che fa letteralmente innamorare, decisamente delizioso ed a mio giudizio imperdibile), la mia attenzione si incanala verso la parte più vecchia del paese che è adagiata su uno sperone di roccia a picco sulla vallata maremmana sottostante.

La parte più estrema di questo borgo di origine medioevale (reso particolarissimo dalla struttura e composizione delle abitazioni ricavate da rocce di trachite) cioè la cima, presenta i caratteristici massi di riolite che sovrastano il paese: sembra quasi di essere arrivati alla fine di un mondo.

Ed è proprio questo il pensiero che mi fa collegare Meleta alla Rocca, passando per Rimini fino ad arrivare alla periferia di Napoli e precisamente a Mugnano.

E sinceramente uno stato di profondo smarrimento tocca il Favi.

Ieri si è tolta la vita una ragazza di 31 anni che non riusciva più a sopportare la gogna mediatica all’interno della quale è stata travolta per la diffusione di un video nel quale lei ed un ragazzo facevano sesso.

Tra le tante cose lette al riguardo sembra che il ragazzo abbia girato il video d’accordo con la ragazza che voleva far masticare amaro un suo ex o giù di lì. Ma il video è stato poi condiviso ed ha iniziato a girare liberamente in rete, sul web: insomma, ovunque.

E così l’utilizzo estremo della rete, che ci fa sentire tutti più al passo con i tempi e quella parola CONDIVISIONE che ne è logica conseguenza, da essere un concetto meraviglioso sta diventando sempre più un mezzo di deriva sociale generando, in questo caso, addirittura un suicidio.

Perchè questa ragazza si è suicidata non riuscendo più a sostenere la morbosa ed indecente attenzione data a queste immagini dal popolo della rete.

E tutti siamo colpevoli di questo.

Nelle stesse ore a qualche centinaio di chilometri di distanza si consumava una serata brava nella riviera romagnola. Amiche che vanno a ballare in discoteca, una di queste si ubriaca talmente tanto da non sapere manco dove si trova e l’animale di turno approfitta di lei all’interno di un bagno della discoteca. Le amiche della vittima si prodigano non per darle una mano a liberarsi da questo scarto di uomo ma per riprendere la scena e condividere le immagini su uozzap (mi sembra si chiami così quello strumento, scusate, quella app, che brucia più neuroni di un LSD).

E tutti siamo colpevoli di questo.

Siamo colpevoli perchè la rete è lo strumento ma siamo poi noi, ognuno di noi a decidere quali contenuti mettere lì dentro.

Qualsiasi foto, video, commento personale riguardante i più disparati campi di interesse una volta inserito on line e condiviso, diventa di pubblico dominio e la vita privata viene automaticamente vìolata.

E così la vita privata diventa pubblica con un click e conseguentemente la vita pubblica perde il senso stesso della sua essenza perchè tutto diventa (o rischia di diventare) pubblico.
Al tempo stesso la bramosia di essere sempre YEAH, di essere promotori di contenuti di successo per avere consenso pubblico spinge sempre più persone a vendere l’anima al diavolo del poveretto o della poveretta di turno che in qualche modo subiscono una pericolosissima vìolazione della propria vita privata per mani altrui.

E’ questo uno dei paradossi più assurdi della nostra vita moderna: il voler essere al centro del mondo utilizzando 140 caratteri per esprimere concetti addirittura di rilevanza politica per il nostro paese (vedi i tweet del nostro capo del governo) e lanciare slogan su slogan che mangiano altri slogan o che smentiscono lo slogan precedente. Oppure intasare facebook di foto di ogni tipo per far vedere di essere sempre presente ad ogni cosa, in ogni dove, in ogni mare ed in ogni lago. E così via, sulla via dello YEAH.

Ho quasi smesso di utilizzare facebook. E non mi è venuta l’orticaria.
Non ho traffico internet sul cellulare mobile di decima generazione. E non mi suona continuamente.
Leggo il più possibile. Grazie soprattutto alla rete.
Dico e scrivo quello che penso ed ho piacere quando vengo letto. Grazie alla rete.
Rimango in contatto con le migliaia di persone che ho conosciuto, incontrato per caso, parlato una sola volta di persona nella vita. Grazie alla rete.

Ho una vita privata che non metterò mai a repentaglio e che difenderò come se mi trovassi in un campo di battaglia accanto a William Wallace.

Meleta terra 2.0, Favi di guardia nella torre di avvistamento digitale.