Incredibile a Meleta: tutte le forza politiche sono d’accordo, il Favi e la Dea annunciano il loro matrimonio (civile, sia chiaro).

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Oggi 23 febbraio seduto in quel caffè io non pensavo a te.

Mattina fresca in quel di Meleta, la neve ha imbiancato tutta la zona di competenza del Favi anche se la dolce collina che dirada verso la Maremma fa presagire ad una splendida e spensierata primavera.

E’ un periodo di riflessioni sociali, politiche e culturali per il Favi che guarda con sospetto alle elezioni politiche del 4 marzo.

E visto che anche “Baggio non gioca più” come dice anche il buon Cesare nella sua Marmellata#25, Meleta si trova un po’ spiazzata visto che ieri sera, in uno storico giovedì di Europa League, la Dea ha dovuto abbandonare la vecchia Coppa Uefa per mano dell’esperta formazione tedesca del Borussia Dortmund.

La Dea, l’Atalanta per tradurre dal magico alla classifica del televideo, è la squadra, l’anima della città di Bergamo. Una città bellissima, gente tagliata grossa, gente di cuore e di sudore.

La favola europea della Dea inizia durante questa fine estate, un po’ come il solstizio, dopo che la squadra di Mister Gasperini aveva conquistato la partecipazione a questa coppa con un brillante campionato 2016/2017.

I giocatori neroazzurri hanno schiantato squadre più o meno blasonate nella fase a gironi per poi scontrarsi andata e ritorno contro il Borussia Dortmund, gloriosa squadra tedesca che porta con sé successi nazionali, internazionali e mondiali.

Il Favi è da sempre simpatizzante della Dea, vuoi perché è sempre stata una squadra ricca di giocatori estrosi e di classe passando da Strömberg a Doni fino all’attuale stella argentina Papu Gomez.

Perché l’Atalanta è una bella società, fiore all’occhiello del calcio italiano: ha un ottimo settore giovanile, è una società economicamente e finanziariamente sana, un’azienda virtuosa e sa cosa significa essere espressione di una comunità, di una città.

Probabilmente l’ho amata da sempre e sicuramente da quando il Presidente Percassi si inventò quell’idea di portare ad ogni nato negli ospedali di Bergamo e provincia la maglia dell’Atalanta.

Una squadra, una società, una comunità ed una città che vivono di calcio. Di quello vero, dove anche gli ultras sono veramente un valore aggiunto. Magari si menano e cercano gli scontri come da loro mentalità ma sono portatori di valori veri, sinceri ed autentici, in primis l’appartenenza.

Insomma, merce rara.

La Dea è uscita dalla Coppa Uefa, la favola si è conclusa ma suo il ricordo strappa un sorriso e tante emozioni alla gente di Meleta. Grazie Gasp, grazie Atalanta.

E non finisce qui perché il volo pindarico del Favi collega in maniera stretta la favola della Dea alle prossime e fortunatamente adesso vicine elezioni politiche 2018.

Non scriverò qui nessun commento di destra, di sinistra, di centro o di nord, sud, ovest ed est.

Perché tutto quello che scorre sui giornali, nelle radio, in tv e nei famigerati social non rappresenta quello che è la valenza della parola politica.

Politica è pensare al bene del prossimo, politica è organizzare lo stato al meglio per il bene delle persone più in difficoltà, politica è godere del bene del prossimo.

Roba che probabilmente io non ho manco mai né visto né assaporato.

Sento parlare di neofascismo, di comunismo, di antagonisti, di razzismo, di immigrazione e di tanti altri temi che giorno dopo giorno vengono puntualmente portati all’esasperazione per accaparrarsi un voto in più e per non far pensare a come veramente governare in maniera illuminata la nostra meravigliosa e stanca Italia.

Tambureggianti slogan, massacranti e continui video, maree di promesse che mirano solamente a creare una grandissima confusione in un paese nel quale i nostri futuri governanti pensano tanto alla forma e molto poco, troppo poco alla sostanza.

Spesso irradio a manetta i video di Cetto La Qualunque e mi impressiona quanto siano stupefacenti ed al tempo stesso profetici.

Ho bisogno di prendere una boccata d’aria.

Mi dirigo verso la veranda della meletiana dimora, respiro a pieni polmoni sorseggiando un giovane Montecucco 2016 dell’azienda Le Querciolaie di Montenero d’Orcia che si merita un bel sei e mezzo per la piacevolezza del residuo papillo-gustativo.

Ed è qui che magicamente si incontrano la Dea ed il nostro Bel Paese.

La Dea è una sintesi dei veri valori che uno sport malato come il calcio riesce ancora a trasmettere.

Il nostro Bel Paese si trova davanti ad un nuovo (ma vecchio nella sostanza) bivio di organizzazione e gestione politica.

Si scontrano quindi il bene ed il male, il bene silenzioso che lavora, suda e si impegna tutti i giorni ed il male che vive di slogan, di fango da sparare, di mediocrità a basso costo.

Sinceramente non ho idea di come andranno le elezioni e la cosa che mi dispiace maggiormente è che nel mio profondo ho la piena consapevolezza che non me ne frega proprio nulla.

Andrò a votare, quello sì perché anche il Favi ha diritto a dire la sua in questa pochezza culturale.

Non faccio propaganda, non sono migliore di nessuno ma una cosa è certa: il Favi sposerà la Dea.

Say Favi, Stay Meleta: Dea dreamin’ every day & every night.

Il risveglio del Favi e la stella di Al-Owairan.

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Arriva la primavera nelle terre del Favi….mmm, no.
Sboccia la primavera nel countryside di Meleta….mmm, no.

Il Favi si risveglia (ora sì) dal torpore invernale, stappa un Albola datato 2013 (uno dei migliori Chianti Classici per reperibilità, prezzo e piacevolezza del palato) e mentre ascolta Magpies on fire dei Red Hot (Chili Peppers) sente che è arrivato il momento di andare a letto.

Ma non stanotte. Di un blu primaverile si tinge la terra di Meleta: il primo fresco dell’anno arriva fino alla sera e le notti si fanno più miti e ricche di passeggiate notturne.
Il fido Ercole passeggia a qualche metro da me e tutto sembra scorrere tranquillamente all’interno della zona vecchia (ztl) del borgo antico.

Quand’ecco che ad un tratto il Favi volge lo sguardo a nord ed una stella si illumina.

Un bagliore mi acceca e dopo qualche secondo svanisce nella notte.

Dè, una bella botta direbbe il fido amico che apre tutte le vocali a manetta mentre sorseggia un drink in un locale del quartiere Venezia a Livorno, ma non in questo caso.

Il Favi e tutta Meleta vengono irradiati dalla stella di Al-Owairan.

E voi, cari lettori, direte: “Ma che diavolo è sto’ Owairan???”

“Ci sono anche giocatori che oltre ad essere poco conosciuti, trovano il loro momento storico andando a segnare un gol particolare o molto importante per la propria nazione.

Tutto ciò accadde all’Arabia Saudita durante il mondiale americano del 1994 e più precisamente a quello che è definito, ad oggi, il miglior attaccante dei Figli del Deserto. Stiamo parlando di Saeed Al-Owairan, attaccante classe 1967 autentica bandiera dell’Al Shabab Riyadh con cui ha giocato dal 1988 al 2001.
Al-Owairan diventa famoso per un gol assolutamente incredibile segnato al Belgio al 5° minuto dell’ultima partita del girone. Gol che è valso, alla nazionale saudita, il secondo posto nel girone e la storica qualificazione agli ottavi di finale.

A molti potrebbe ricordare il gol di George Weah al Verona, segnato però 2 anni più tardi. Una clamorosa sgroppata che termina con un potente tiro che si insacca alle spalle di Preud’homme” (non uno a caso aggiungo io).
fonte: (http://allafacciadelcalcio.blogspot.it)

E così il Maradona del Golfo (quello Persico, tanto per capirsi e tanto interessante per le nazioni del cosiddetto Primo Mondo) suscita talmente tanta ammirazione e la simpatia che scaturisce dal Davide contro Golia da far sembrare il mondo del calcio un possibile, vero strumento di universalità.

Un mondo che invece oggi, a distanza di ventitré anni dal goal di Al-Owairan al Belgio, si ritrova destabilizzato da una feroce crisi morale che poi sfocia in tante altre tipologie di crisi e crisette.

E’ questa la stagione dello scatenato e scriteriato Donald Trump che tra bene e picchi di male fa traballare lo stanco equilibrio mondiale; della resa del primo ministro italiano Renzi che ha lasciato l’Italia praticamente senza quel poco di guida che gli rimaneva; dell’indecente non gestione e non interesse da parte dell’Europa delle migliaia di disperati che arrivano ogni giorno nelle coste del sud Italia; del nuovo stadio della Roma che riempie le agende delle priorità italiane e dei vili attacchi di bestie automunite.

E nella terra di Meleta, oltre che nella testa del Favi, le digressioni sul mondo si rincorrono tipo guardie e ladri.

Così, mentre la puntina del giradischi fa le bizze e la notte meletiana rassicura ancora un po’ di più, il Favi non prende sonno all’idea di un popolo sempre più digitale, sempre più partecipe e condiviso che però non si incazza mai.

O per lo meno troppo poco.

Giri per strada, ti fermi a guardare chi ti passa accanto e noti sempre quello strumento (denominato in antichità cellulare ed evolutosi in smartphone) in bella evidenza ma soprattutto in continuo utilizzo.

Perché c’è da pensare ai like di facebook o ai continui rumori di whattsup mentre magari fotografo una piazza o una pizza, un cane o un gatto, un bianco o un nero tanto oramai niente differisce da niente.

Neppure un colore.

E se non guardiamo alle sfumature, alla ricchezza che crea la differenza, alla passione che deve guidare il nostro essere ed aiutare la ragione, ci ritroveremo ben presto ad essere sempre più connessi al mondo ma allo stesso tempo sempre più isolati dal mondo.

Ed allora ben venga la Repubblica di Tonni ma il nostro vicino di casa sarà straniero, il nostro quartiere sarà un bel po’ straniero, la nostra città sarà straniera tantissimo.

Straniero, cioè a noi sconosciuto.

Perché magari stiamo con la testa bassa perché sta cazzo di tastiera è troppo piccola ed al tempo stesso ci perdiamo le sfumature del mondo.

Quelle che sono per strada, quelle che ci fanno amare, quelle che ci aiutano ad essere migliori.

Meleta on the streets, where the streets have no name.

 

I funghi, I cardi e la sottile linea rossa tra informazione e stragossip

Arriva l’autunno estivo nella contea di Meleta ed il Favi si divide tra la pulizia dei funghi (pupole, cucchi e Re porcino), faccende di casa e tortuose vicende di lavoro.

Dalla veranda della sua abitazione, assaporando un piacevole pinot nero della terra di Sicilia dell’azienda Cusumano (ottimo per accompagnare carni giovani con le sue intense note fruttate), il buon Favi si è regalato domenica scorsa una mattinata e tarda mattinata di relax ed alle ore 15, puntuale come un abbaio del cane Ercole quando passa l’ape del giardiniere Carlo sotto l’abitazione, la radio nazionale 102.5 ha iniziato a fare collegamenti con gli stadi di tutta Italia per seguire l’ottava giornata del campionato di Serie A.

Inviato dal Meazza di Milano, il giornalista Paolo Pacchioni, voce sportiva di RTL e professionista di indubbie qualità.  La partita in questione è il match tra l’Inter di Frank De Boer ed il Cagliari guidato da Massimo Rastelli. Fischio di inizio e si parte.

Ma non si parla della gara.

Il giornalista della radio nazionale (con oltre sei milioni e mezzo di ascoltatori giornalieri, così recita più o meno il loro slogan) non segue le vicende del campo a parte schieramenti tattici e formazione, bensì rivolge l’attenzione praticamente per tutto l’arco del collegamento alla lite tra la curva dell’Inter ed il capitano della Beneamata, l’argentino ventitreenne (particolare di grande importanza in questo racconto surrealistico) Mauro Icardi.

Occorre quindi fare un passo indietro sennò non ci si capisce nulla.

Nei giorni scorsi il giocatore dell’Inter ha presentato la sua autobiografia ed ha anche parlato di un episodio che lo vide, al termine della gara Sassuolo vs Inter dello scorso anno, togliersi la maglia e gettarla ai tifosi in malo modo. Cosa che i tifosi dell’Inter non gradirono mica tanto, soprattutto la frangia più calda del tifo neroazzurro.

Interessante che un ventitreenne pubblichi un’autobiografia nel senso che una persona a quell’età dovrebbe viverla la vita e non raccontarla visto che di strada ce n’è ancora tanta da fare ed altrettanto interessante che un bravo giornalista come Pacchioni parli con grande enfasi di tutta questa piccola ed a mio modo di vedere, insignificante situazione che sportiva non è ma rende solo onore al gossip alimentando un’informazione di bassa lega.

Questo porta il Favi ad una doppia considerazione: troppo calcio fa male e siccome di calcio vero ce n’è sempre meno nel nostro Belpaese, allora benzina sul fuoco a tutte quelle caratteristiche accessorie che sono tanto futili ma che tanto interessano la nostra popolazione.

Seguo praticamente da quando sono nato il calcio italiano ed ho avuto la fortuna di vedere all’opera giocatori del calibro di Van Basten, Ronaldo e Baggio tanto per citarne alcuni.

E scusate se è poco.

Ed oggi mi trovo a leggere sui giornali di carta e su quelli on line della lite tra Icardi ed i tifosi dell’Inter, delle diatribe tra Totti e la sua collocazione spazio/temporale nella Roma, di una Nazionale italiana che, del tutto rinnovata, se perde e gioca bene viene criticata e se vince e gioca male va criticata lo stesso.

Ma che gioco è diventato il calcio???
Ma che business è diventato il calcio???
Perché c’è sempre la tendenza ad alimentare il gossip sportivo invece delle prodezze che vengono create nel rettangolo di gioco???

Non ho risposta a tutti questi interrogativi ma dalla rocca di Meleta il Favi non si scompone ed accende il videoregistratore: questa sera va in onda la videocassetta del campionato di Serie A stagione 94/95 con tanto di Pippero a cura della Gialappa’s Band.

Non chiamatelo amarcord ma, utilizzando un hashtag di grande moda, #solocosebelle.

Buon campionato a tutti dal prode Favi.

 

Favix: quando Meleta rischiò l’isolamento

Meleta festeggia l’arrivo dell’asfissiante caldo estivo preparando dosi su dosi di ghiaccio, etti ed etti di menta fresca, chili di zucchero di canna e di lime in attesa di un paio di bilici che consegneranno tra poche ore casse di soda, acqua frizzante e rum silver dry.

Grazie agli accordi internazionali stipulati da Meleta direttamente con Cuba, anche il più assetato viandante che passa nei dintorni della dimora del Favi, può ingurgitare un bel Mojito producto de Meleta ad un prezzo accessibile, prezzo che è solamente un’offerta libera che servirà per la gestione e la manutenzione del verde della contea.

Ma qualche anno fa tutto questo sarebbe potuto cambiare drasticamente.

Era il lontano 2006 quando l’Italia guidata da Cannavaro e Pirlo trionfò ai Mondiali di Germania e proprio per questa super cavalcata azzurra, il famoso Favix passò in secondo piano.

Gli abitanti di Meleta (25 per la precisione) furono chiamati alle urne per decidere se rimanere o uscire dalla Comunità delle Colline Metallifere (CCM).
Aspra fu la campagna elettorale e politica riguardo al tema del leave or remain e, tumultuoso come un lampo, il Favi si schierò subito per rimanere all’interno della comunità.

Ricordo ancora molto bene quel 10 di luglio 2006 quando gli exit poll (alla lettera, dati approssimativi per polli e gente scriteriatamente sensazionalista) dettero per certa l’uscita di Meleta dalla comunità metallifera con la fazione del leave guidata da slogan del tipo: Favi non ci rappresenti oppure Meglio fave che Favi ed ancora Sfaviamoci dai metalliferi.

Notti insonni, pensieri preoccupanti che aleggiavano nei corridoi della Borsa di Roccastrada e veglie notturne da parte di importanti esponenti politici per convincere gli indecisi (che erano circa 5 e quindi pari al 20% della popolazione) a schierarsi.

E quando tutto ormai faceva presagire alla vittoria del leave, il Favi tenne un grande comizio proprio nella sua dimora di Meleta offrendo a tutti gli avventori il suo famoso Mojito.

“Se usciamo dalla comunità metallifera – esordì il Favi – questo Mojito ce lo sogneremo per molti anni perchè dovremmo rinegoziare tutti i nostri rapporti con il mondo esterno e chi lo sa se lo potremmo produrre in una situazione vantaggiosa oppure no. Per non parlare dei nostri competitor e cioè dei due miliardi di persone che formano il mercato cinese e quello indiano”.

“Inoltre – continuò il Favi – in un mondo sempre più globale dove è fondamentale avere rapporti di buona collaborazione con popoli che possono innamorarsi di Meleta ed aiutarci a sviluppare il nostro piccolo sistema locale, se facciamo da soli rischiamo di essere anacronistici e di andare sì in controtendenza che di per sè può anche avere degli effetti positivi, ma troppo alto è il rischio di andare controsenso”.

Tante le domande che il pubblico presente rivolse al Favi e le due anime del referendum si confrontarono su tutti i punti possibili ed immaginabili.

Il resto è storia, con Meleta che riuscì faticosamente a rimanere all’interno della comunità grazie alla vittoria del remain che si attestò su circa il 70% di voti favorevoli.

Oggi, venerdì 24 giugno 2016, ci risiamo: alle urne non è andato però il Favi ma un’intero popolo, quello inglese, che ha deciso di uscire dall’Unione Europea.
Sacrosanto il diritto di decisione dal basso e sacrosanto il risultato: ma cari i miei inglesi (ed il Favi non è nè un economista e nè un politologo) oggi l’avete fatta grossa.

Massimo rispetto per la dignità ed i forti sentimenti nazionalisti di un popolo da sempre isolazionista (rimangono pur sempre degli isolani) ma pensare di fare da soli in un mondo globale come questo è veramente scellerato.
Ma questa è la protesta contro un sistema europeo che fa acqua da tutte le parti: da un punto di vista di illogiche azioni economiche comunitarie, una politica estera comune che non esiste (vedi l’immigrazione che colpisce le nostre coste meridionali), lungaggini burocratiche immense ed istituzioni che rappresentano poco tutti.

Ma un voto di protesta (così per lo meno lo legge il Favi), non può trasformarsi in un isolazionismo che oggi non ha senso di esistere.

Perchè tutti vorremmo delle istituzioni europee a misura d’uomo e che siano efficaci ed efficenti nel loro lavoro soprattutto se allarghiamo l’orizzonte e vediamo il mondo contemporaneo guidato anche da colossi senza regole come Cina (soprattutto) ed India.

Il processo di BRexit sarà lungo qualche anno: nel frattempo cari inglesi, pensate alla grandissima stronzata che avete partorito.

E se dovesse accadere l’opposto, canterò God save the Queen dal balcone di Meleta.

Il Favi compie due anni e gli azzurri regalano gli ottavi a Meleta

Correva il giorno 18 giugno 2014 quando nelle lande di Meleta prendeva forma e vita il blog del Favi che esordiva nella letteratura globale con un articolo dal titolo Da Meleta all’Arena Pantanal di Cuiabà. Era il Mondiale di calcio brasileiro del 2014, Mondiale nefasto per gli azzurri che uscirono senza gloria dopo tre partite avare di italiche emozioni.

Ed il fato ha voluto che proprio oggi (ieri per la precisione) una nuova Italia ha staccato l’accesso agli ottavi di finale dell’Europeo France 2016 grazie ad una rete di Eder (di cui ignoravo il nome Martin fino a ieri pomeriggio siccome non colleziono più le figurine Panini) che ci ha permesso di superare all’utimo tuffo una nazionale scorbutica e fisica come quella svedese. Dopo due gare l’Italia conquista l’accesso agli ottavi di finale e devo proprio dire che al Favi questa nazionale piace davvero tanto.

Non tanto per la bellezza del calcio espresso (anche se contro il Belgio ci sono stati anche sprazzi di bel gioco); non tanto per la presenza di un vero e proprio fantasista come potevano essere Totti, Del Piero, Baggio o Doni (permettetemi quest’ultimo) negli anni indietro; e nemmeno per la presenza di giocatori di altissimo livello internazionale fatta eccezione per il nostro superuomo e superportiere Buffon. Ma per il fatto che questa squadra è stata forgiata da un ottimo allenatore di nome Antonio Conte su alcuni pilastri di fondamentale importanza che nel calcio di oggi, a livello di squadre nazionali, non sono facili da riscontrare.

Questi ragazzi mettono anima e cuore nella loro corsa, nel non mollare mai di un centimetro l’avversario di turno, nel credere fortemente di rappresentare una nazione bella, importante e contradditoria allo stesso tempo come il nostro Bel Paese.

E così, nonostante un fastidioso virus gastrointestinale che ha costretto il Favi alla tribuna in occasione della gara con la Svezia, a Meleta le bandiere tricolore si issano fuori da tutte le finestre della tenuta faviana perchè nella mia indole di romantico calciofilo credo che il calcio non è solo uno sfavillante mondo di soldi e plusvalenze ma anche un sano portatore di valori patriottici: valori che purtroppo oggi in Italia vengono fuori solo in occasione di un gioco come il pallone (o poco più).

Sorseggiando a piccole dosi (vista la precaria condizione fisica de lo Favi e non certo per gusto) un ottimo Bolgheri denominato Il Bruciato prodotto della Tenuta Gualdo al Tasso che si fa molto apprezzare per il gusto pieno e fresco del mix tra uve Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah, il Favi guarda sì circa il 90% delle gare di questo Europeo ma non perde di vista i ballottaggi a Sindaco di alcune grandi città italiane, le stupide ed incomprensibili violenze tra tifosi russi ed inglesi, il nuovo video dell’omicidio di David Rossi (capo della comunicazione di Mps) e l’annosa questione del campo sportivo di Chiusdino, ridente paese metallifero nelle vicinanze di Meleta.

Tante le questioni a risonanza mondiale e locale che aleggiano sul feudo di Meleta e, sebbene tra loro queste questioni pare abbiano poco in comune, è tuttavia possibile trovare un comune denominatore.

Candidati a Sindaco che si scannano in diretta tv e relativi tifosi (pardon, sostenitori) che se si incontrano per strada sono mossi da sentimenti ultrà come succede in alcune città di Francia a causa di delinquenti inglesi e russi. Tifosi della verità contro tifosi dell’omertà come sta succedendo a Siena per il caso di David Rossi e tifosi tutti contro tutti per quanto riguarda lo spinoso caso dell’Arena Bruno Belli di Chiusdino.

In questa epoca di pochi e dimenticati valori di comunità è sempre più semplice tifare gli uni contro gli altri per ogni grande o piccola questione. Così la società moderna sta plasmando gli individui, individui sempre più singoli e sempre meno in comunità reale perchè purtroppo, oggi, la sola comunità che è sempre viva ed in fermento è quella virtuale.

Ecco come Umberto Eco, circa un anno fa, descriveva l’invasione dei social network all’interno della nostra vita e della nostra costruzione virtuale della realtà:
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.

Ed il Favi invita tutti i suoi lettori a dedicare dodici minuti all’ascolto dell’intervento integrale di Eco all’Università di Torino (video qui sotto) e relativo a quanto sopra riportato:

Riflettiamo…riflettiamo…e riflettiamo ulteriormente (un pò come Cetto La Qualunque).

E così mentre il cane Ercole sente i primi istinti sessuali della sua vita e si attacca comodamente alla gamba del Favi e mentre l’estate stenta a decollare da un punto di vista metereologico, godiamoci questi Europei di calcio con il messaggio che questa nazionale sta dando a tutta la nazione: lasciando da parte gli istinti personali e facendo squadra vera, comunità vera, tutti noi possiamo fare la nostra parte per risollevare piano piano questo meraviglioso Paese di nome Italia.

Ognuno nel suo piccolo, non guardando solo all’orticello dietro casa ma tendendo sempre orecchio, anima e cuore alla costruzione di comunità basate sul rispetto e sulla voglia del fare insieme.

Perchè questa vita è sì impegnativa (sennò non avrebbe sapore) ma anche meravigliosa e l’istinto di lasciare un mondo in qualche modo migliore a chi verrà dopo di noi non ci deve mai abbandonare.

Tanti auguri Favi con Meleta che si veste a festa facendo del suo meglio giorno dopo giorno.

Favi summer 2016: e che qualcuno ce la mandi buona (e magari per la strada)

Dopo alcuni mesi di meritato riposo, ho deciso oggi di re-indossare i panni un pò sgualciti ma sempre colorati de Il Favi di Meleta mentre osservo una vegetazione talmente verdeggiante che si slancia dal torrione di Meleta deragliando veloce verso la Maremma, Maremma che si fa trovare dormiente in attesa dell’hard caldo estivo.

Ed anche in queste ultime settimane, approfondendo la conoscenza di un ottimo rosso di Montepulciano denominato Salcheto (sangiovese, canaiolo e merlot mixati in maniera armoniosa e amabile fin dal primo sorso), Meleta ed il Favi sono stati scossi da innumerevoli vicende di cronaca.

Venerdì scorso a Roma si sono svolti i funerali di Sara Di Pietrantonio, una ragazza di 22 anni orribilmente uccisa da un fidanzato malato e da quel sentimento di paura talmente sviluppato nella nostra società odierna da creare diffidenza cronica e limitato senso di comune civiltà.

Infatti, secondo la ricostruzione degli investigatori almeno due auto avrebbero visto la ragazza, probabilmente già cosparsa di alcol, chiedere aiuto mentre il suo ex stava dando alle fiamme la sua auto. Ma nessuno si è fermato. Il Pm: “Se qualcuno si fosse fermato sarebbe ancora viva” così recita Il Fatto Quotidiano in apertura di un pezzo relativo a questa tristissima vicenda.

Paura, pericoli dietro ogni angolo, diffidenza verso le persone che non conosciamo e soprattutto verso persone di altre etnie e religioni, spesso dipinte come i nostri nemici in casa. Un senso di non comunità che va a braccetto oggi con il proliferare delle comunità virtuali, le piazze social di facebook, twitter & co. e la messaggistica di whatsup rispetto ad una telefonata. Tutto è così rarefatto da sembrare manco vero.

Ed il Favi naturalmente si interroga. Ed il punto interrogativo si fa sempre più ingombrante (ed interrogante).

Sara è stata uccisa a Roma, una città metropolitana che fatica a divenire cosmopolita proprio per la sua natura di italianità che l’ha sempre contraddistinta: un’oasi di tradizioni popolari e di senso di comunità che a mio avviso poche grandi città hanno.

Ma a Roma si è sempre respirata un’aria diversa, ottimamente descritta da un grande cantautore giallorosso come Antonello Venditti:
Dimmi cos’è che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo
Dimmi cos’è che ci fa sentire uniti anche se siamo lontani.
Dimmi cos’è, cos’è che batte forte, forte, forte in fondo al cuore,
che ci toglie il respiro e ci parla d’amore.
Grazie Roma,
che ci fai piangere e abbracciarci ancora.
Grazie Roma, grazie Roma,
che ci fai vivere e sentire ancora una persona nuova…

Era il 1983 quando Venditti ha pubblicato questo omaggio alla città eterna (pezzo inedito eseguito live in occasione del concerto al Circo Massimo per festeggiare il secondo scudetto della Roma), una città eterna che oggi si ritrova male amministrata (male comune per gran parte del nostro paese) ed impaurita dal melting pot che invece di essere risorsa è diventato minaccia.

E’ difficile prestare soccorso o comunque interessarsi ad una persona che chiede aiuto anche se si è in una strada di periferia di una grande città?
E’ difficile pensare anche agli altri e solo in un secondo momento a noi stessi quando capita l’occasione di prestare aiuto a sconosciuti?

Probabilmente oggi è così ed è veramente devastante la ricostruzione della polizia riguardo alla vicenda di questa ragazza.

E così nell’epoca del condividiamo tutto siamo probabilmente disposti a condividere solo le cose più belle mentre quelle che ci spaventano e ci fanno paura vengono chiuse a doppia mandata in un cassetto.

E tutto quello che ci gira intorno oggi ci mette in una posizione di “non prenderle”: il terrorismo dell’Isis che spaventa le città e le manifestazioni sportive che hanno da poco preso il via in Francia (Europei) e che inizieranno in piena estate in Brasile (Olimpiadi), la crisi economica che piega gran parte del nostro mondo continentale (del resto del mondo tanto non ce ne siamo mai interessati più di tanto), gli immigrati del “che cosa ci vengono a fare qua” e “io li rimaderei tutti a casa”, fino ai femminicidi che avvengono un giorno sì e l’altro pure, e così via.

La nostra cronaca oggi parla spesso e volentieri solo di cose negative o per lo meno di notizie che possono creare giornalieri stati di ansie e preoccupazione: poi è normale, ognuno vive la sua quotidianità e la propria dimensione ma se c’è una sovra-dimensione (e c’è sicuramente e fortunatamente), questa sovra-dimensione ha tinte grige e talvolta noir.

Ma il mondo siamo noi e saremo sempre noi fino a quando non arriverà sulla Terra un caldo boia che ci spazzerà via tutti o quando arriveranno delle super navicelle dallo spazio che trasporteranno dei super uomini e che conquisteranno in diretta facebook il nostro pianeta.

Sarà bello condividere l’arrivo dei super-uomini a Meleta e magari con un selfie insieme a loro, ma nel frattempo il Favi se ne sta sulla strada provinciale che porta alla Rocca confidando sempre nella bontà umana dello sconosciuto che è sì sconosciuto ma fonte inesauribile di conoscenza e nuova ricchezza.

Ricchezza reale e non virtuale.

Favi d’inizio giugno, Favi tutto l’anno.

Feste, Favi e vissero felici e contenti.

Favi_Natale_2015Aria di Natale nelle campagne di Meleta, una Meleta vestita a festa con piccole ma decoratissime luminarie che accompagnano gli ultimi giorni dell’anno ed al tempo stesso spingono l’arrivo del nuovo come da tradizione calendaristica.

Il Favi ha trascorso le sue feste con la famiglia in atmosfere sempre nuove e ricche di calori e calorie.

Ma la vicenda che desidero trattare in questa fine annua riguarda i giorni che precedono il Natale e che vengono spesso utilizzati per acquistare regali, pensieri e piccoli ricordi da scambiare con le persone più care.

Tengo subito a precisare che non sono un patito dei regali ma mi piace molto, da sempre, pensare alle persone più vicine al Favi e regalare loro un sorriso che spesso si tramuta in un cadeau di poco valore economico ma di grande valore a livello d’impatto umorale.

E proprio in quei giorni il natalizio Favi scollettò Meleta e si diresse verso la Maremma alla ricerca di oggetti per irradiare il sorriso dei suoi cari.

Tante le persone in strada nella media cittadina di Follonica e tutti alla ricerca di regali da mettere sotto l’albero per colorare il casalingo Natale.

Dopo aver percorso le vie dello shopping ed aver acquistato quello che doveva acquistare, il Favi si concesse così una pausa rigenerante in un bar di tendenza per dare il via alla procedura dell’aperitivo.

Tante le persone all’interno ed all’esterno del locale e tutti sorridenti con vini e cocktail alla mano per momenti di relax tra amici, parenti, conoscenti e così via.

Superato senza troppi gradi l’aperitivo time il Favi si reimmette in strada per completare la sua ricerca e d’improvviso cala la sera: i negozi chiudono, i bar dolcemente si svuotano e la strada diventa pian piano deserta (visto che la serata era di quelle infrasettimanali).

Scocca l’ora della cena ed il Favi si ferma a desinare in una pizzeria/paninoteca per un pasto veloce: il locale è molto carino e ben tenuto ed ha una sala con una grande vetrata che da direttamente sul corso della cittadina.

Musica all’interno del locale, sorrisi e luci della sera che accompagnano verso la notte il tram tram giornaliero.

Ad un certo punto, mentre stavo mangiando un discreto hamburger corredato da patatine fritte e birra sempre medio/grande, inizio ad osservare fuori dalla grande vetrata e vedo un signore di una certa età ed il suo cane di una certa età a sedere su una panchina. Davanti a loro una cesta di vimini con una piccola coperta e la scritta “Grazie per il Vostro aiuto”.

Tutto d’un tratto l’atmosfera cambia e non poco.

Questo pensiero, queste parole, non vogliono essere cariche di ipocrisia o di luoghi comuni. Ci tengo a dirlo prima di terminare questo breve racconto di strada.

Ma torniamo, appunto, per la strada.

Finita la cena il Favi si dirige verso la cassa, paga il conto e prende un trancio di pizza ed una bottiglia d’acqua da asporto. Pizza ed acqua sono per quel signore che sta sulla panchina in cerca di aiuto.

Ed è solo questo che voglio puntualizzare e sottolineare.

Nella nostra frenetica era, nelle nostre giornate di rincorsa, nei nostri amletici dubbi esistenziali e nelle nostre certezze, troviamo il tempo, troviamo il modo, troviamo la situazione per dare una mano a chiunque ne abbia bisogno.

E’ più semplice ed immediato di quanto ci si possa immaginare e con piccoli gesti quotidiani possiamo senza dubbio dare una mano a far girare questo mondo per un verso un po’ più umano e vero ed un po’ meno costruito e digitale.

Ed allora il mio pensiero ed i miei auguri per il nuovo anno vanno a tutte quelle persone che vivono a Lampedusa e che ogni giorno aiutano in maniera volontaria i migranti che arrivano stremati sulle nostre coste. Perchè è di questo che si dovrebbe parlare tutti i giorni dando un po’ meno spazio informativo allo smog nelle grandi città che regna sovrano tutto l’anno ma che in questi giorni sembra essere diventato il più grande problema nazionale. Senza nulla togliere al fatto che la qualità della nostra aria è sicuramente un tema di importante rilevanza.

Ma sono proprio loro, gli abitanti di Lampedusa ed i volontari che operano su questa isola l’esempio di tutto quello che avete letto in questo racconto e che rappresentano un mondo che a me piace da impazzire: quello della solidarietà e dell’impegno, di un impegno che si può toccare con mano.

 

Fools will be fools
And wise will be wise
But i will look this world
Straight in the eyes

I pazzi saranno pazzi
e i saggi saranno saggi
ma io guarderò questo mondo
dritto negli occhi

(Ben Harper, Better Way)
Favi di strada, Meleta terra mentale di socialità: tanti auguri per un felice anno nuovo.

Libertà di scelta, opinione romantica ed agenda setting 2.0

mass-mediaIn questa settimana è successa una cosa a dir poco stupefacente. Dopo una tranquilla serata passata ad ammirare il paesaggio che da Meleta si irradia verso Roccatederighi, il Favi decide di fare una doccia rigenerante prima del consuteo aperitivo. Così, dopo aver fatto riposare il corpo in piena ebollizione post doccia ed aver stappato un Belsedere (rosso d’Orcia veramente interessante), mi posiziono in veranda ammirando il sempre incantevole tramonto dell’Alta Maremma.

Improvvisamente, vista la mancanza di anacardi nel mio tavolo aperitiveggiante, mi alzo dalla poltrona e muovo passi felpati in direzione cucina: la mia attenzione viene però colpita da uno specchio che avevo dimenticato di possedere e che osservo con attenzione.

E’ tutto vero. Ho un pò di barba bianca. Incredibile ma vero, il Favi sta imbiancandosi.

Quella dolce e lieve peluria color argento che avevo già avuto modo di notare in popolazioni umane di età superiore alla mia, hanno adesso trovato allocazione proprio nella barba del Favi.

Ce l’ho fatta: sto acquistando punteggi importanti in termini di saggezza (senza esagerare) ed esperienza.

Ed allora ecco che il Favi, spinto dal consiglio di un attento lettore di questo blog, si erge a paladino della libera informazione ed oggi disquisisce su una teoria molto interessante che mi ha affascinato fin dai primi anni dell’università.
Sto parlando della teoria dell’agenda setting, avanzata nel 1972 da Maxwell McCombs e Donald Shaw, ma già ipotizzata e formulata nel 1922 da un guru-medium come Walter Lipmann. In poche parole la teoria dell’agenda setting “è la teoria delle comunicazioni che ipotizza la possibile influenza dei mass-media (mass-news) sull’audience (pubblico) in base alla scelta delle notizie considerate notiziabili e allo spazio e preminenza loro concessa” (da Wikipedia).
In poche parole i grandi mezzi di comunicazione di massa (tv, radio e carta stampata) scelgono, dopo attenta contrattazione, quali sono le notizie che andranno in onda e di cui, conseguentemente, le persone parleranno in quella data giornata o in quel determinato periodo.

E soprattutto di cosa le persone non parleranno in quella data giornata o in quel determinato periodo.

Agenda-setting
In maniera interessante ci viene in aiuto la figura sopra, che ho ripreso da pensierocritico.eu, riguardo proprio alla teoria dell’agenda setting ed in cui il cerchio raffigura la moltitudine di notizie che ogni giorno nascono nel nostro mondo.
In grigio possiamo ammirare l’agenda cutting che rappresenta l’insieme dei temi di interesse generale che viene escluso dall’agenda dei media e, conseguentemente, dal dibattito pubblico: come dire, de ‘sta roba nun se parla.
In rosso la nostra agenda setting che è il risultato della mediazione tra le proposte delle varie agende (politiche, economiche, finanziarie, sociali) per entrare a far parte dell’agenda dei media.
All’interno dell’agenda setting viene evidenziata in bianco l’agenda surfing che è quella parte dell’agenda setting utilizzata da organizzazioni/aziende (pubbliche o private) per sfruttare la popolarità di temi correnti a favore dei loro scopi (politici, commerciali e così via).

In poche parole, ogni portatore di interesse fa a spallate (o meglio, a gomitate) per avere spazio nell’agenda giornaliera delle notizie che verranno irradiate dai media verso il grande pubblico.

Notizie decise a tavolino da grandi portatori di interesse che vanno a braccetto con gigantesche emittenti tv, influenti radio e sontuose redazioni di giornali??? A voi la risposta all’amletico dubbio…

Così funzionava prima ma poi arrivò la rete internet ed il world wide web che cambia le carte in tavola.

Oggi, ed oramai da più o meno un decennio, l’informazione corre veloce, velocissima sul web: più rapida di quanto sia mai stata e più massiccia di sempre. Massiccia nel senso che l’agenda setting, teoria che ha riguardato e riguarda principalmente i media vecchio stampo, è bombardata dal web di migliaia e migliaia di notizie ogni giorno, ogni ora, ogni minuto (e queste notizie trovano sempre spazio e senza troppe spallate: certo, per arrivare in prima pagina devono farne di strada…)

E non è per niente semplice per l’utente finale districarsi tra le innumerevoli informazioni che piovono a cascata ogni qualvolta ci mettiamo on line.

Prima le notizie ci erano date già pronte ed impacchettate mentre adesso ce le possiamo cercare noi liberamente on line e fare così una grandissima cosa: paragonare diversi punti di vista con pochi click. Magnifico, ma serve tempo.

Questo infatti è un “lavoro” molto dispendioso in termini di tempo e di energie mentali ma dobbiamo considerare che oggi abbiamo a disposizione così tante informazioni che ci possono permettere di valutare così tanti punti di vista accrescendo senza dubbio la nostra coscienza sociale di umani del pianeta terra: un’occasione da valutare attentamente anche con poco tempo a disposizione.

Si rende quindi necessaria quella che è la base di ogni processo di opinione, per lo meno secondo il Favi: ovvero la coscienza critica di ognuno di noi che per un attimo mette da parte le proprie convinzioni politiche, sociali ed economiche e cerca di formare la propria idea riguardo ad un determinato argomento senza essere inquinato da pregiudizi di sorta.
E l’informazione che corre sul web ci può aiutare in questo visto che è un’informazione che nasce (per lo meno) più libera dai vincoli della contrattazione propria dell’agenda setting, dei mass media tradizionali.

Favi pronto alla sfida sorseggiando un rosso sulla terrazza di Meleta con lo sguardo rivolto a quella libertà di informazione che il web ci può far assaporare.

Favi di primavera sorseggiando l’alchimia segreta di Meleta.

images5PZGU2GNFrizzante l’aria primaverile di questi giorni con il primo caldo dell’anno che allieta spirito e anima. Nella Meleta da bere tutto scorre in maniera rilassata e tranquilla e The Dark Side of The Moon degli immensi Pink Floyd risuona in tutta la vallata sposando alla perfezione la bellezza della natura che rinasce e si risveglia come in ogni primavera che si rispetti.

Ma un evento ha fortemente scosso i pensieri del Favi e di un po’ tutta la comunità umana mondiale: la scorsa settimana e precisamente martedì 24 marzo un volo della compagnia aerea Germanwings partito da Barcellona e diretto a Düsseldorf si è tragicamente schiantato a terra in Francia, nelle Alpi dell’Alta Provenza.

La causa dell’incidente: la pazzia del copilota dell’Airbus, un certo Andreas Lubitz.

Questo assassino si è barricato all’interno della cabina di pilotaggio ed ha fatto precipitare l’aereo uccidendo 150 persone. In questi giorni tanto si è detto sulla figura di questo pazzo tedesco di 28 anni ed ora dopo ora spuntano nuovi ed inquietanti video e testimonianze sulla sciagura.

L’aereo rimane pur sempre il mezzo più sicuro al mondo per spostarsi e considerando che ogni giorno volano in tutto il nostro pianeta circa 20 milioni di aerei (ed è una stima al ribasso), non è possibile contraddire questo dato di fatto. Ma è anche altrettanto vero che, quando un aereo cade, alta è la suggestione che un evento del genere crea nella cognizione umana. La sfortunatissima casualità di incontrare un assassino di tale portata ha coinvolto i passeggeri e l’equipaggio di questo volo maledetto e, come dopo l’11 settembre, è molto probabile che nuove misure di sicurezza vengano messe in atto per cercare di scongiurare al massimo il verificarsi di queste impressionanti tragedie.

E’ per questo, è per l’attacco terroristico al museo del Bardo di Tunisi, è per tutte le azioni violente che destabilizzano i quattro angoli del mondo, è per tutte quelle persone loro malgrado coinvolte in situazioni tanto tragiche e tanto inspiegabili che l’uomo non deve avere paura di spostarsi per il mondo. Mai perdere o rinunciare alla curiosità ed alla voglia di viaggiare in lungo e in largo per il cosmo: perché solo conoscendo nuove e lontane culture diverse dalla nostra sarà possibile credere e sognare un mondo a misura d’uomo, scongiurando il più possibile il ripetersi di azioni di tale vigliaccheria.

E magari lungo il vostro tragitto ad un certo punto vi ritroverete a Meleta: e se suonate al campanello del Favi verso le cinque del pomeriggio un tè con miscela indiana sarà lì ad aspettarvi (se passate dopo cena se famo na biretta…anche due).

Sorseggiando Meleta, terra dove ogni alchimia trova il suo spazio.

Tutte le strade portano a Meleta ovvero #Connect

Una nuova primavera veleggia nell’aria ed abbraccia tutta la valle di Meleta mentre il Favi si risveglia dal torpore invernale con uno scatto degno del miglior centometrista finlandese. Il verdeggiante territorio della mia terra natìa non smette mai di regalare emozioni al viandante che si trova o si perde per le strade di queste zone e proprio ieri ha stregato nuovamente il Favi. Mi trovavo per motivi ludici e di lavoro nella zona di Siena e, dovendo raggiungere nella tarda mattinata la località balneare di Follonica, decido di percorrere la famigerata Siena-Grosseto. Non appena arrivato nelle vicinanze della provincia di Meleta inizio ad incontrare sulla mia strada i cantieri creati per realizzare la doppia corsia di una strada infinita ma che attraversa, nel suo percorso, paesaggi di una bellezza veramente impressionante. In particolar modo, all’altezza del Ponte di Petriolo, rimango affascinato dall’opera umana di raddoppiamento del ponte: un nuovo ponte sta infatti sorgendo accanto a quello vecchio ed è veramente mastodontica l’opera di edilizia stradale messa in campo da ingegneri, operai ecc. Siamo d’accordo, i lavori su questa strada sono andati a rilento per tanti, troppi anni ma adesso devo constatare che la nuova strada è veramente a buon punto. Per fortuna. Superato l’affascinante cantiere del ponte continuo il mio road trip verso il mare e non avendo particolarmente fretta, caratteristica peculiare del Favi, esco a Civitella Paganico per poi proseguire verso Roccastrada fino a scendere a Braccagni ed imboccare quindi la Nuova Aurelia che mi permetterà di raggiungere Follonica. Ma non è questo il punto, non mi voglio sostituire al navigatore satellitare che meglio di me vi potrebbe descrivere il percorso. Il punto sono le strade. Eccezionali arterie di comunicazione per veicoli, merci, persone, sogni e pellegrinaggi notturni degni della tante volte citata provincia italiana. Strade che attraversano luoghi meravigliosi della nostra penisola, strade che collegano gli estremi dell’Italia passando attraverso culture millenarie fatte di arte, storia, gastronomia, dialetti e vere e proprie lingue, modi di vivere e di pensare. Sarà che sono da sempre innamorato delle strade che portano e girano intorno alla mia Meleta ma certo è che i nostri avi romani hanno veramente avuto delle lungimiranze eccezionali creando le varie Via Aurelia, Via Cassia, Via Flaminia ecc. permettendo alla Roma antica di essere un vero e proprio centro del mondo (anche se tuttavia alcune strade furono ereditate dagli Etruschi). Ed ancora oggi si continuano a costruire nuove strade, a migliorare in sicurezza e comfort le strade già esistenti ed in paesi più agli antipodi rispetto ai nostri la costruzione di una strada rappresenta senza alcun dubbio un fattore di giusta modernità per avvicinare popoli, culture, sogni e speranze. Ma altre strade hanno preso piede negli ultimi venti anni e cioè le infinite strade del web, le famose information highways. Strade digitali che collegano in maniera estremamente veloce tutti gli angoli del nostro mondo, che permettono scambi e condivisioni di esperienze, lo sviluppo di nuovi modi di fare commercio e più in generale nuove modalità di vita. Nuove modalità di vita. Personal computer, mini computer, tablet, cellulari, smartphone sempre collegati ad internet che hanno invaso e cambiato per sempre il nostro modo di comunicare. E quindi di vivere. Ed è qui che entrano in gioco le strade, quelle sterrate, quelle asfaltate, quelle che ci hanno lasciato in eredità i nostri antenati. Ed è qui che si mischiano con le highway digitali, quelle che noi lasceremo in eredità ai nostri figli. Il Favi utilizza e non condanna di certo la tecnologia che tanto ci da tutti i giorni ma certo è che si trova meglio a viaggiare in auto in una strada fisica, reale, rispetto al viaggiare in maniera digitale in tutti i luoghi dell’universo. In tutti i luoghi dell’universo ma al tempo stesso in nessun luogo. Ed è proprio qui che entra in gioco la nostra responsabilità di essere umani per dare un contributo importante alle generazioni che seguiranno le nostre. E’ fondamentale, vitale e sempre emozionante continuare a sbagliare strada per arrivare in un certo posto invece di essere sempre tutelati da un navigatore satellitare; oppure padellare clamorosamente una cena e mangiare male in un ristorante o in una taverna invece di consultare Trip Advisor e leggere centinaia di recensioni prima di scegliere un posto dove passare la serata. E’ necessario limitare la nostra dipendenza da internet come è assolutamente necessario limitare la dipendenza da social network &co che troppo spesso sostituiscono i nostri rapporti personali trasformandoli in rapporti digitali. E ripeto, badate bene che il Favi non è integralista riguardo alle nuove tecnologie che tanto bene producono alla nostra umanità: ma il percorso di democratizzazione e libertà che è insito nella natura del web, spazio dove chiunque può far sentire la propria voce ed il proprio pensiero a tutto il mondo, non deve essere rovesciato in uno spazio dove voler farsi per forza vedere e sentire in ogni modo possibile per ricevere in cambio consensi e gratificazione. Rovesciato nel senso che le nostre vite sono troppo intrise di socialità digitale, perdiamo troppo tempo a consultare e parlare con i vari facebook, twitter, instagram ecc. E questo non va bene, questo non è quello che voglio lasciare in eredità a chi un giorno vivrà in questo mondo. Un mondo troppo veloce e troppo sociale-digitale ma dove ognuno è comunque libero di decidere a quale velocità muoversi. Torniamo a respirare di più la strada e ad avere voglia di conoscere sempre nuove persone. Compriamo un libro e sfogliamo le pagine invece di leggere tutto on line. Acquistiamo un disco o un cd ogni tanto invece di limitarsi a scaricare le canzoni da internet e creare una playlist di tremila canzoni. E quando siamo a casa, con la ragazza, con la famiglia, oppure con gli amici al bar o a mangiare una pizza, dedichiamo tempo alle parole, quelle vere, quelle che escono dalla bocca e non a quelle prodotte da un dito che pigia lettere per scrive un sms, uno stato su facebook o un tweet parole#ashtag. E’ chiaro, siamo immersi nei social e pieni zeppi di cultura internet ed è giusto che ognuno abbia il suo spazio per rimanere in contatto con amici vicini e lontani, per lavoro, per hobby e per mille altre motivazioni. Ma ognuno, nel suo piccolo, può tranquillamente limitare la propria vita digitale per ritrovare quella che il Favi considera “la giusta dimensione”: una dimensione che ti fa guardare dritto negli occhi la persona che ti sta davanti o a fianco invece di chinare la testa con lo sguardo fisso su uno smartphone. Meleta free zone e da sempre terra di liberi pensieri. Pensieri tanto analogici e poco digitali. #Connect