
Dopo alcuni mesi di meritato riposo, ho deciso oggi di re-indossare i panni un pò sgualciti ma sempre colorati de Il Favi di Meleta mentre osservo una vegetazione talmente verdeggiante che si slancia dal torrione di Meleta deragliando veloce verso la Maremma, Maremma che si fa trovare dormiente in attesa dell’hard caldo estivo.
Ed anche in queste ultime settimane, approfondendo la conoscenza di un ottimo rosso di Montepulciano denominato Salcheto (sangiovese, canaiolo e merlot mixati in maniera armoniosa e amabile fin dal primo sorso), Meleta ed il Favi sono stati scossi da innumerevoli vicende di cronaca.
Venerdì scorso a Roma si sono svolti i funerali di Sara Di Pietrantonio, una ragazza di 22 anni orribilmente uccisa da un fidanzato malato e da quel sentimento di paura talmente sviluppato nella nostra società odierna da creare diffidenza cronica e limitato senso di comune civiltà.
Infatti, secondo la ricostruzione degli investigatori almeno due auto avrebbero visto la ragazza, probabilmente già cosparsa di alcol, chiedere aiuto mentre il suo ex stava dando alle fiamme la sua auto. Ma nessuno si è fermato. Il Pm: “Se qualcuno si fosse fermato sarebbe ancora viva” così recita Il Fatto Quotidiano in apertura di un pezzo relativo a questa tristissima vicenda.
Paura, pericoli dietro ogni angolo, diffidenza verso le persone che non conosciamo e soprattutto verso persone di altre etnie e religioni, spesso dipinte come i nostri nemici in casa. Un senso di non comunità che va a braccetto oggi con il proliferare delle comunità virtuali, le piazze social di facebook, twitter & co. e la messaggistica di whatsup rispetto ad una telefonata. Tutto è così rarefatto da sembrare manco vero.
Ed il Favi naturalmente si interroga. Ed il punto interrogativo si fa sempre più ingombrante (ed interrogante).
Sara è stata uccisa a Roma, una città metropolitana che fatica a divenire cosmopolita proprio per la sua natura di italianità che l’ha sempre contraddistinta: un’oasi di tradizioni popolari e di senso di comunità che a mio avviso poche grandi città hanno.
Ma a Roma si è sempre respirata un’aria diversa, ottimamente descritta da un grande cantautore giallorosso come Antonello Venditti:
Dimmi cos’è che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo
Dimmi cos’è che ci fa sentire uniti anche se siamo lontani.
Dimmi cos’è, cos’è che batte forte, forte, forte in fondo al cuore,
che ci toglie il respiro e ci parla d’amore.
Grazie Roma,
che ci fai piangere e abbracciarci ancora.
Grazie Roma, grazie Roma,
che ci fai vivere e sentire ancora una persona nuova…
Era il 1983 quando Venditti ha pubblicato questo omaggio alla città eterna (pezzo inedito eseguito live in occasione del concerto al Circo Massimo per festeggiare il secondo scudetto della Roma), una città eterna che oggi si ritrova male amministrata (male comune per gran parte del nostro paese) ed impaurita dal melting pot che invece di essere risorsa è diventato minaccia.
E’ difficile prestare soccorso o comunque interessarsi ad una persona che chiede aiuto anche se si è in una strada di periferia di una grande città?
E’ difficile pensare anche agli altri e solo in un secondo momento a noi stessi quando capita l’occasione di prestare aiuto a sconosciuti?
Probabilmente oggi è così ed è veramente devastante la ricostruzione della polizia riguardo alla vicenda di questa ragazza.
E così nell’epoca del condividiamo tutto siamo probabilmente disposti a condividere solo le cose più belle mentre quelle che ci spaventano e ci fanno paura vengono chiuse a doppia mandata in un cassetto.
E tutto quello che ci gira intorno oggi ci mette in una posizione di “non prenderle”: il terrorismo dell’Isis che spaventa le città e le manifestazioni sportive che hanno da poco preso il via in Francia (Europei) e che inizieranno in piena estate in Brasile (Olimpiadi), la crisi economica che piega gran parte del nostro mondo continentale (del resto del mondo tanto non ce ne siamo mai interessati più di tanto), gli immigrati del “che cosa ci vengono a fare qua” e “io li rimaderei tutti a casa”, fino ai femminicidi che avvengono un giorno sì e l’altro pure, e così via.
La nostra cronaca oggi parla spesso e volentieri solo di cose negative o per lo meno di notizie che possono creare giornalieri stati di ansie e preoccupazione: poi è normale, ognuno vive la sua quotidianità e la propria dimensione ma se c’è una sovra-dimensione (e c’è sicuramente e fortunatamente), questa sovra-dimensione ha tinte grige e talvolta noir.
Ma il mondo siamo noi e saremo sempre noi fino a quando non arriverà sulla Terra un caldo boia che ci spazzerà via tutti o quando arriveranno delle super navicelle dallo spazio che trasporteranno dei super uomini e che conquisteranno in diretta facebook il nostro pianeta.
Sarà bello condividere l’arrivo dei super-uomini a Meleta e magari con un selfie insieme a loro, ma nel frattempo il Favi se ne sta sulla strada provinciale che porta alla Rocca confidando sempre nella bontà umana dello sconosciuto che è sì sconosciuto ma fonte inesauribile di conoscenza e nuova ricchezza.
Ricchezza reale e non virtuale.
Favi d’inizio giugno, Favi tutto l’anno.